il dossier di legambiente, domina la classifica la campania
“Ecomafia 2014”, vergogna Sicilia
Regione seconda per reati ambientali

Discariche abusive, speculazione edilizia, smaltimento illegale di rifiuti industriali. L’Italia fornisce purtroppo continui esempi di attività criminali che danneggiano l’ambiente. Un fenomeno talmente rilevante e diffuso da aver reso necessaria la creazione di un neologismo, ‘ecomafie’, per l’appunto.
La Sicilia è la seconda regione italiana per reati ambientali, preceduta dalla Campania. Lo conferma il Rapporto Ecomafia 2014, il dossier redatto da Legambiente, presentato stamane a Roma. L’edizione di quest’anno è stata dedicata alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, recentemente scomparso a causa della leucemia contratta per i veleni respirati durante anni di lavoro tra rifiuti tossici e radioattivi per sgominare la criminalità che fa affari nella Terra dei Fuochi.
In Italia sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013, più di 80 al giorno, più di 3 l’ora. La maggior parte ha riguardato il settore agroalimentare: ben il 25% del totale, con 9.540 reati, più del doppio del 2012 quando erano 4.173. Il 22% delle infrazioni ha interessato invece la fauna, il 15% i rifiuti e il 14% il ciclo del cemento.
Nonostante la crisi, le ecomafie hanno fatturato lo scorso hanno ben 15 miliardi di euro. La pratica della ‘mazzetta’ elargita a funzionari e dipendenti pubblici compiacenti è ancora assai diffusa. Basti pensare, a rimarcare quanto detto, che nel 2013 le amministrazioni comunali sciolte per condizionamento mafioso sono state 16 e che portano a quota 248 il totale di Comuni commissariati in Italia dal 1991 a oggi.
Complessivamente cresce anche l’incidenza dei reati nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, la Campania che domina la classifica nazionale, seguita da Sicilia, Puglia e Calabria.
Nella nostra Isola, i dati relativi all’illegalità ambientale descrivono uno scenario di sfruttamento e colpevoli silenzi. Nel 2013 le infrazioni accertate sono state 3.568, ovvero il 12,2% del totale nazionale, le denunce 3.111, gli arresti 9, i sequestri 695.
Mafia, corruzione e appalti truccati sono soltanto la punta dell’iceberg. In ogni provincia, il crimine ha le sue specificità: quella Messinese, ad esempio, si distingue per il traffico illecito di rifiuti. Basti pensare ai rifiuti speciali – come il pastazzo, scarto industriale ricavato dalla lavorazione delle arance – smaltito nel depuratore comunale di Barcellona Pozzo di Gotto attraverso condutture sotterranee ‘segrete’.
E poi l’inchiesta sul presunto giro di mazzette dietro la costruzione dei quattro termovalorizzatori in Sicilia e le sei ex miniere o cave divenute discariche di rifiuti pericolosi: la ex miniera di Pasquasia (Enna), le ex cave di Bosco (San Cataldo) e Raineri (Mussomeli), nel Nisseno, quelle di Ciavolotta (Agrigento) e San Giuseppe (fra Melilli e Augusta). C’è anche un lago, il Soprano di Serradifalco. La classifica delle illegalità nel ciclo dei rifiuti è capitanata da Palermo, quella dei reati nel ciclo del cemento da Catania.
Tornando alla classifica nazionale invece, dopo le quattro regione “nere”, troviamo nell’ordine: Lazio, Toscana, sardegna, Liguria, Lombardia e Veneto. All’undicesimo posto l’Emilia Romagna seguita da Basilicata, Abruzzo, marche, Umbria e Piemonte. A chiudere la classifica, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Molise e Valle D’Aosta, la regione italiana dove sono minori i reati ambientali: 48 infrazioni nel 2013, pari allo 0,2% del totale nazionale, 43 denunce, 16 sequestri e nessun arresto.
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